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mercoledì 14 novembre 2012

Il Galeone

Il Galeone, Belgrado Pedrini e la "Liberazione"di Riccardo Venturi.

"Il galeone" è una poesia che Belgrado Pedrini, anarchico carrarese, scrisse in galera, a Fossombrone, nel 1967. Il titolo originale della poesia era Schiavi. Fu poi messa in musica da Paola Nicolazzi sulla base di una canzone popolare intitolata, curiosamente, Se tu ti fai monaca; la Nicolazzi, nel trasformarla in canzone (e in uno dei più noti canti anarchici italiani di ogni tempo), ne omise però la quarta e l'ultima strofa, che così recitano:

Nessun nocchiero ardito,
sfida dei venti l’ira?
Pur sulla nave muda,
l’etere ognun sospira!
(...)
Falci del messidoro,
spighe ondeggianti al vento!
Voi siate i nostri labari,
nell’epico cimento!

Belgrado Pedrini.
Belgrado Pedrini.
Fu poi pubblicata, senz'alcuna indicazione di titolo, nel giornale Presenza anarchica, a cura dei gruppi anarchici riuniti di Massa e Carrara, supplemento quindicinale a Umanità Nova, il 5 ottobre 1974.

Fin qui la storia di questa canzone scritta in galera. La quale, specialmente per il suo linguaggio, potrebbe far sorridere il lettore e l'ascoltatore di oggi. E' il linguaggio aulico di molti canti anarchici classici. Ma il sorriso scompare immediatamente quando si pensa al fatto che "Il galeone" è in realtà il simbolo stesso, anche nella parola stessa, della galera, anzi, della "galera infame". Quella dove il suo autore era rinchiuso.

Belgrado Pedrini aveva iniziato la Resistenza ben prima dell'8 settembre; era, la sua, una vita di resistenza da sempre. Durante il fascismo conduce la sua lotta clandestina, poi già nel 1942 partecipa ad azioni di lotta. Si unisce poi alla formazione partigiana anarchica "Elio" con cui lotta fino alla...

Stavo per dire "Liberazione". Ma la "liberazione" del partigiano Belgrado Pedrini si chiama galera. Nel 1942, per poter continuare la lotta, lui e i suoi compagni sottraggono ad alcuni industriali fascistoni milanesi e carraresi un bel po' delle loro ricchezze; nel 1949 il tribunale di Livorno giudica tali atti come "reati comuni" e condanna Belgrado Pedrini a trent'anni di carcere. Questa la ricompensa.

E sono galere su galere. Nel 1974, il presidente Leone gli concede la grazia; ma, appena uscito, viene rinchiuso in una casa di lavoro presso Pisa, perché deve scontare ancora tre anni per tentata evasione. Liberato finalmente dopo un'intensa campagna per la sua scarcerazione, torna a Carrara dove partecipa all'attività degli anarchici locali. Muore nel 1979 all'età di sessantasei anni. Ma per Belgrado Pedrini non c'è mai stata nessuna "liberazione" da una vita intera passata in galera. Quella del fascismo e quella dello "stato democratico".
da "Canzoni contro la guerra"

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