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venerdì 21 febbraio 2014

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giovedì 13 febbraio 2014

il disertore

Le Déserteur è sicuramente la canzone contro la guerra e antimilitarista più celebre di tutti i tempi. Eppure la strofa finale originalerecitava, come è noto, in tutt'altro modo di quella da tutti conosciuta: Prévenez vos gendarmes, que je serai en arme et que je sais tirer, il che ne faceva una canzone non "pacifista" in senso stretto. Tutti gli "eppure" che si vuole: ma l'antimilitarista (e non "pacifista") Boris Vian scrisse una feroce canzone contro la guerra, probabilmente riferendosi a delle guerre francesi in particolare: la guerra d'Indocina appena conclusasi con la disfatta di Dien-Bien-Phu, oppure la guerra d'Algeria che stava iniziando. 

Il manoscritto della canzone porta la data del 15 febbraio 1954; viene pubblicata il 7 maggio dello stesso anno, anniversario della sconfitta di Điện Biên Phủ, e trasmessa (interpretata da Marcel Mouloudji), per la prima volta in radio dalla storica (ed ancora esistente) emittente Europe 1 (con la chiusa finale già modificata). Scoppia il putiferio. 

Malgrado le numerose modifiche via via apportate al testo (scompaiono non solo la strofa finale originale, ma anche i riferimenti al Presidente, sostituito da dei più generici Messieurs qu'on nomme grands), nel gennaio del 1955 il consigliere municipale parigino Paul Faber ottiene la censura completa della canzone in radio. Boris Vian reagisce con la sua consueta ironia, pacata ma devastante: la sua prima dichiarazione è cheMa chanson n'est nullement antimilitariste, mais, je le reconnais, violemment pro-civile ("la mia canzone non è affatto antimilitarista, ma, lo riconosco, violentemente pro-civili"); a Paul Faber invia invece una lettera aperta in cui, tra le altre cose, si legge: 

"Oui, cher Monsieur Faber, figurez-vous, certains militaires de carrière considèrent que la guerre n'a d'autre but que de tuer les gens" ("sì, caro signor Faber, figuratevi che certi militari di carriera considerano che la guerra non abbia altro scopo che quello di ammazzare gente") e, soprattutto, ciò che segue: 


"Ancien combattant", c'est un mot dangereux; on ne devrait pas se vanter d'avoir fait la guerre, on devrait le regretter - un ancien combattant est mieux placé que quiconque pour haïr la guerre. Presque tous les vrais déserteurs sont des "anciens combattants" qui n'ont pas eu la force d'aller jusqu'à la fin du combat. Et qui leur jettera la pierre ? Non. si ma chanson peut déplaire, ce n'est pas à un ancien combattant, cher monsieur Faber."

"Ex combattente" è una parola pericolosa; non si dovrebbe vantarsi di aver fatto la guerra, dovrebbe dispiacere. Un ex combattente è in condizione più di chiunque altro di odiare la guerra. Quasi tutti i veri disertori sono degli ex-combattenti che non hanno avuto la forza di arrivare fino alla fine del combattimento. E chi scaglierà loro contro la prima pietra? No. Se la mia canzone può spiacere, non è certo a un ex combattente, signor Faber".

Eliminata dalla diffusione radiofonica e discografica, "Le Déserteur" cade più o meno nel dimenticatoio; per averla cantata, Marcel Mouloudji subisce una sorta di esilio decennale dalla canzone francese; la censura viene tolta soltanto nel 1962, ma ormai Boris Vian è morto da tre anni. Nel 1966 con lo sviluppo delle protest songs e con i moti di Berkeley, viene ripresa da Peter, Paul and Mary, peraltro nella versione "edulcorata"interpretata da Mouloudji. Diviene così la canzone-simbolo che tutti conosciamo. 

Innumerevoli sono le versioni in altre lingue. In questa sezione ne saranno presentate tutte quelle reperite in rete e con altri mezzi, ma ne esistono probabilmente molte altre. 

In Italia è stata incisa per la prima volta nel 1964 (nella versione francese originale) da Margot, ovvero Margherita Galante Garrone (figlia di Alessandro Galante Garrone, moglie di Sergio Liberovici e madre di Andrea) nel periodo dei Cantacronache (1958/1960), quindi ci sono state 5 traduzioni italiane, a cura di Paolo Villaggio, Luigi Tenco, Giorgio Caproni (celebre poeta livornese), Giangilberto Monti e Giorgio Calabrese. Quest'ultima versione è quella cantata da Ivano Fossati nel suo album "Lindbergh" (1992). Ornella Vanoni l'ha inserita nella scaletta del suo tour nel 1971, ma non è affatto vero, come precisa giustamente Enrico de Angelis, che la prima incisione italiana del Disertore sia di Ivano Fossati: dopo essere stata effettivamente incisa in francese da Margot nel '64 (e più tardi da Adriana Martino), la canzone è stata incisa in italiano dal trio francese The Sunlights nel '67 e poi, tra il '71 e il '72, da Ornella Vanoni, da Serge Reggiani e da Achille Millo.

Riccardo Venturi, 29 ottobre 2004/2 luglio 2005.







In piena facoltà


egregio presidente


le scrivo la presente


che spero leggerà.

La cartolina qui

mi dice terra terra

di andare a far la guerra

quest'altro lunedì

Ma io non sono qui

egregio presidente

per ammazzar la gente

più o meno come me

Io non ce l'ho con lei

sia detto per inciso

ma sento che ho deciso

e che diserterà.

Ho avuto solo guai

da quando sono nato

i figli che ho allevato

han pianto insieme a me.

Mia mamma e mio papà

ormai son sotto terra

e a loro della guerra

non gliene fregherà.

Quand'ero in prigionia

qualcuno mi ha rubato

mia moglie e il mio passato

la mia migliore età.

Domani mi alzerò

e chiuderò la porta

sulla stagione morta

e mi incamminerò.

Vivrò di carità

sulle strade di Spagna

di Francia e di Bretagna

e a tutti griderò.

Di non partire pù

e di non obbedire

per andare a morire

per non importa chi.

Per cui se servirà

del sangue ad ogni costo

andate a dare il vostro

se vi divertirà.

E dica pure ai suoi

se vengono a cercarmi

che possono spararmi

io armi non ne ho.

La Badoglieide




Queste strofe vennero composte da un gruppo di partigiani della Quarta Banda, tra cui Dante Livio Bianco e Nuto Revelli, alle Grange di Narbone (Cuneo) nell'aprile 1944.
La musica si compone di due temi di origine distinta. Le strofe in italiano sono adattate all'aria della canzone entrata nel repertorio goliardico "E non vedi che sono toscano". Il ritornello in piemontese appartiene alla tradizione locale.
Per il contenuto antisabaudo e antibadogliano queste strofe vennero cantate, con alcune modifiche, anche da reparti militari fascisti, a dimostrazione del carattere popolare della canzone che viene riadattata e piegata anche a contenuti ben diversi da quelli espressi dall'autore.

''In una brevissima pausa del grosso rastrellamento dell'aprile 1944 (nella notte tra il 25 e il 26), in una baita d'una localita' vicino a Narbona, tra le valli Grana e Maira, otto o nove partigiani della quarta banda giustizia e liberta' (II settore), parlano, accennano ad un motivo, cantano (sono Ivanoe Bellino, Alberto e Livio Bianco, Nino Monaco, Nuto Revelli e altri). Sul motivo molto orecchiabile della canzone E non vedi che sono toscano, nasce la prima strofa, poi, in collaborazione collettiva, le altre e tutta la canzone. (Ricordi e testimonianza di Revelli.)''

(L. Mercuri C. Tuzzi ''Canti politici italiani 1793-1945'' Editori Riuniti, 1962)

''Il giorno 8 aprile il pretore di Ravenna ha emesso decreto penale di condanna contro il giovane cantante Antonio Ricci di Villanova di Bagnacavallo. Il fatto si collega al recital sulla Resistenza che il Ricci, assieme al dicitore Enzo Fabbri di Mezzano, allestì verso la fine dello scorso anno in numerose località della Romagna. Nel settembre il recital andò in scena nella frazione di San Pietro in Campiano, ma suscitò le vivaci reazioni del maresciallo dei carabinieri allorché il Ricci cantò la notissima Badoglieide di cui esiste un regolare disco commerciale. Il Ricci e' stato condannato a pagare 10 mila lire.''

(articolo dell'Unita', sabato 9 aprile 1966)

Grazzano è il paese natale di Badoglio, in cui il generate si era ritirato a vita privata dopo le sue dimissioni. La musica è stata in seguito adottata più volte nelle canzoni di fabbrica; l'ultima strofa, in particolare, con i nomi cambiati, torna in tutte le versioni.

(note tratte da Voci di mezzo)

Sull'adozione de "La Badoglieide" anche da parte di alcuni repubblichini di Salò, si legge ne "I canti di Salò" di Giacomo De Marzi:

[...] Il contenuto del canto è fortemente antimonarchico e una satira feroce aggredisce l’operato di Pietro Badoglio in alcune sequenze suggestive ed eloquenti nella loro asciuttezza: «Ti ricordi la fuga ingloriosa/ Con il re verso terre sicure?/ Siete proprio due losche figure/ Meritate la fucilazion…». Queste rime, il cui livello di cultura e di gusto è molto alto, fecero convergere verso il canto anche l’attenzione dei fascisti “repubblicani” che lo adottarono con grande entusiasmo, dopo pochi e necessari lavacri: per esempio i versi «Ti ricordi la guerra di Francia/ Che l’Italia copriva d’infamia» vennero cambiati in «Che l’Italia portava in battaglia»; scomparve anche il nome di Enrico Adami Rossi, il generale che l’8 settembre consegnò con grande solerzia la città di Torino ai tedeschi; inoltre il riferimento «All’amor di Petacci» venne sostituito da quello «All’amor dei gerarchi»; infine, quando il canto partigiano parlò di «Fascisti e vecchi cialtroni», il canto “repubblicano” optò per «Monarchici e vecchi cialtroni», con la cancellazione anche di altri riferimenti men che rispettosi alla «Camicia che non è più nera». Queste piccole operazioni di lavanderia non tolsero al canto la sua efficacia di raccontare e di descrivere il curriculum vitae del “Maresciallo d’Italia” Pietro Badoglio; i fascisti “repubblicani”, quindi, s’impossessarono con grande velocità del sarcasmo nato dalla penna dei partigiani Nuto Revelli e Livio Bianco, delle comuni analogie, delle allusioni e della medesima dimensione etico-politica. Insomma siamo di fronte ad un canto – più “colto” che “popolare” – che con una certa naturalezza entrò a far parte dell’innodia della “repubblica” di Salò.

tratto da Canzoni contro la guerra