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lunedì 8 ottobre 2012

Inno dei Malfattori detto anche Inno di Panizza

Il Canto dei Malfattori appare per la prima volta su "L’Amico del Popolo" del 19 maggio 1892, periodico socialista-anarchico fondato a Milano da Pietro Gori e più volte sequestrato dalla polizia. Questo bellissimo canto scritto da Attilio Panizza è allo stesso tempo un manifesto politico dell’anarchismo che tende a rivoltare l’accusa di "malfattori" che lo Stato vuole appiccicare addosso agli internazionalisti: il tentativo di marchiare come "malfattori" gli anarchici si sviluppa soprattutto dopo l’attentato di Passannante al re Umberto I (Napoli, 17 novembre 1878). Il Canto dei Malfattori riprende il termine spregiativo e, facendolo proprio, grida in faccia ai potenti che "malfattori" sono tutti coloro che lottano per la giustizia sociale e contro chi sfrutta il lavoro appropriandosi dei frutti dei lavoratori; "malfattori" sono coloro che combattono l’impostura religiosa e quelli che propugnano la libera unione e non domanda riti né lacci coniugali; "malfattori" sono coloro che propugnano l’internazionalismo e combattono tutte le guerre, rifiutano le leggi in quanto strumenti di frode utilizzate dai potenti contro i lavoratori.
Lo stesso canto ma con titolo diverso, Inno dei lavoratori, appare l’anno seguente (1893) sul giornale di Imola, "Il Ribelle" in una versione sostanzialmente simile a quella pubblicata su "L’Amico del Popolo" di Milano.  Da Anarcopedia

Siamo i ribelli della montagna

Dalle belle città (Siamo i ribelli della montagna), venne composta nel marzo del 1944 sull'Appennino ligure-piemontese, nella zona del Monte Tobbio, dai partigiani del 5° distaccamento della III Brigata Garibaldi "Liguria" dislocati alla cascina Grilla con il comandante Emilio Casalini "Cini".
Sulle circostanze e modalità reali della genesi di questo originale canto della Resistenza, disponiamo della testimonianza diretta di Carlo De Menech, allora diciottenne commissario politico del distaccamento.
Ad un certo punto avvertiamo la necessità di creare qualcosa che riguardi noi e tutti i giovani dela nostra generazione, esaltandone la Resistenza in aderenza alla realtà della lotta che conduciamo. Sarà la nostra storia e traccerà le dure vicende della vita partigiana e gli ideali che la sostengono. Su questi presupposti Cini prende l'iniziativa e un bel giorno comincia a scrivere delle parole su un foglio di carta biancastra da impaccare; in mancanza di tavolo, utilizza una grossa pietra posta all'ingresso della "caserma", che serviva ai contadini per battervi le castagne, e noi facciamo circolo attorno a lui proponendo e sugerendo vocaboli e argomenti. Dopo alcuni giorni la bozza è stesa (...). In distaccamento c'è uno studente di musica, ventenne, Lanfranco, al quale viene consegnato il testo delle parole che si porta appresso durante il servizio di sentinella sul monte Pracaban; al ritorno, le note sono vergate su un pezzo di carta da pacchi (...).

Siamo i ribelli della montagna, con la sua originalità del testo e della musica, diventa così la nostra canzone, la canzone del 5° distaccamento, in cui si potrà riconoscere la storia di tanti altri giovani che, come noi, hanno scelto la montagna e la libertà.

Carlo De Menech, Siamo i ribelli della montagna, dattiloscritto inedito (1975), depositato presso l'Istituto per la storia della resistenza e della società contemporanea in provincia di Alessandria.

Da: http://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=3294&lang=en

mercoledì 3 ottobre 2012

fischia il vento


Fischia il vento è una celebre canzone popolare, il cui testo fu scritto nel settembre 1943, ovvero quando iniziò la Resistenza, dal giovane medico ligure Felice Cascione per incitare il movimento partigiano. La musica è quella della canzone russa Katyusha.
 Giacomo Sibilla, nome di battaglia "Ivan", reduce dalla campagna di Russia, ove era incorporato nel 2º Reggimento Genio Pontieri, fece conoscenza con prigionieri e ragazze russe; da loro imparò la canzone Katjuša del musicista Blanter; "Ivan" la scolpì nella mente e la portò con sé in Italia, al Passu du Beu ne abbozzò alcuni versi con la chitarra insieme con Vittorio Rubicone "Vittorio il Biondo"; a questo punto intervenne Cascione che con "Vassilli", Silvano Alterisio, allora studente e altri componenti della banda ne composero i versi. La canzone fu intonata per la prima volta a Curenna nel Natale 1943 e cantata in forma ufficiale ad Alto nella piazza di fronte alla chiesa (il giorno dell'Epifania del 1944).
Felice Cascione  è stato un partigiano e medico italiano comunista[1], eroe della Resistenza, che morì in uno scontro con i fascisti, e per questo fu insignito della Medaglia d’oro al valor militare alla memoria